La natura dell'anima
Dell’immortalità dell’anima s’è parlato abbastanza, ma quanto alla sua
natura c’è questo che dobbiamo dire: definire quale essa sia, sarebbe
una trattazione che assolutamente solo un dio potrebbe fare e anche
lunga, ma parlarne secondo immagini è impresa umana e piú breve. Questo
sia dunque il modo del nostro discorso. Si raffiguri l’anima come la potenza d’insieme di una pariglia alata e di un auriga. Ora tutti i corsieri degli dèi e i loro aurighi [b]
sono buoni e di buona razza, ma quelli degli altri esseri sono un po’
sí e un po’ no. Innanzitutto, per noi uomini, l’auriga conduce la
pariglia; poi dei due corsieri uno è nobile e buono, e di buona razza,
mentre l’altro è tutto il contrario ed è di razza opposta. Di qui
consegue che, nel nostro caso, il compito di tal guida è davvero
difficile e penoso. Ed ora bisogna spiegare come gli esseri viventi
siano chiamati mortali e immortali. Tutto ciò che è anima si prende cura
di ciò che è inanimato, e penetra per l’intero universo assumendo
secondo i luoghi forme [c] sempre differenti. Cosí, quando sia
perfetta ed alata, l’anima spazia nell’alto e governa il mondo; ma
quando un’anima perde le ali, essa precipita fino a che non s’appiglia a
qualcosa di solido, dove si accasa, e assume un corpo di terra che
sembra si muova da solo, per merito della potenza dell’anima. Questa
composita struttura d’anima e di corpo fu chiamata essere vivente, e poi
definita mortale.
Platone
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